Nella città dove l’aperitivo è una religione e lo stile un dovere, anche il gioco degli scacchi sta vivendo una sorprendente rinascita. Una volta considerato passatempo da circolo o gioco da tavolo della domenica, oggi a Milano gli scacchi sono diventati un simbolo di riflessione urbana, socialità silenziosa e fascino intellettuale. In mezzo a brunch vegani e jogging nei parchi, la scacchiera si fa largo tra giovani creativi, professionisti e pensionati in giacca e cappotto.
Passeggiare per Parco Sempione o lungo i bastioni di Porta Venezia offre ora uno spettacolo inedito: scacchiere pieghevoli su panchine, orologi da torneo portatili e sguardi concentrati sotto occhiali da sole griffati. Non è raro vedere un ventenne con t-shirt oversize sfidare un sessantenne dall’aria austera, in un silenzioso scontro generazionale fatto di cavalli, alfieri e strategie. È il ritorno al pensiero lento in una città che corre.
La pandemia ha giocato un ruolo determinante in questo fenomeno. Con la riscoperta del tempo e degli spazi pubblici, molti milanesi hanno iniziato a riappropriarsi dei giochi da tavolo, trovando negli scacchi un alleato perfetto: tascabile, mentale, elegante. L’effetto Netflix – con la serie cult “La regina degli scacchi” – ha poi fatto il resto, contribuendo a sdoganare il gioco anche presso il pubblico più giovane e modaiolo.
I locali non sono rimasti a guardare. Alcuni caffè letterari, come quelli in zona Isola o Navigli, organizzano regolarmente serate a tema. In queste occasioni, le scacchiere sostituiscono i laptop e il rumore dei tasti lascia spazio al ticchettio degli orologi da torneo. I tornei amatoriali spuntano come funghi nei centri culturali e nei cortili condominiali, dove i residenti si sfidano tra una piadina gourmet e un bicchiere di Barbera biologica.
L’identikit del nuovo scacchista milanese è curioso: spesso si tratta di figure poliedriche, architetti, designer, studenti del Politecnico, pensionati ex manager. In comune hanno la voglia di staccare la spina dal digitale e di tuffarsi in un’esperienza tangibile, concreta. Gli scacchi, in questo contesto, non sono solo un gioco, ma un rito: il gesto di muovere un pedone diventa una dichiarazione di intenti, la ricerca di un ritmo diverso, meno frenetico e più riflessivo.
Anche le scuole hanno colto la tendenza. Alcuni istituti, pubblici e privati, hanno inserito corsi di scacchi tra le attività extracurricolari, riconoscendone i benefici cognitivi e relazionali. E non è raro vedere bambini delle elementari affrontarsi con sorprendente serietà in biblioteche di quartiere o centri sociali autogestiti.
Gli scacchi, oggi, non rappresentano più un passatempo d’élite o una nicchia nerd. A Milano sono diventati un codice urbano, una nuova forma di espressione culturale. Come il caffè espresso o il tailleur ben tagliato, anche la scacchiera è entrata a far parte del lifestyle cittadino. In una città dove tutto è tendenza, anche il gioco più antico del mondo è riuscito a reinventarsi con classe. E a quanto pare, tra una mossa e l’altra, i milanesi hanno finalmente trovato il tempo di pensare.