Cultura e Società

Sono tutti al mare, sgomberato il C.S. Leoncavallo

Dopo quasi cinquant’anni di storia e un’infinità di rinvii, la “tolleranza zero”, mai applicata a sinistra, ha finalmente colpito il centro sociale Leoncavallo.

O, per essere più precisi, ha colpito quando i cosiddetti rivoluzionari erano già in vacanza. Una mossa strategica che Luca Rampazzo, Consigliere Municipale milanese, ha descritto con un tocco di ironia, parlando di una “naturale migrazione dei radical chic a Capalbio”. Un’azione che smaschera il paradosso di un centro sociale simbolo della “politica dal basso” ma che, al momento decisivo, non ha trovato nessuno a presidiare i propri spazi.

La fine di una “lunga stagione di illegalità”

Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, ha esultato per la fine di una “stagione di illegalità”, una definizione che fa sorridere se si pensa che questa stagione è durata per circa cinquant’anni e di illegalità a Milano ce ne è da vendere. Decenni in cui lo Stato ha preferito chiudere un occhio, o almeno un centinaio di volte, tanto da essere condannato a risarcire i proprietari dell’immobile, la famiglia Cabassi, con la bellezza di 3 milioni di euro. Un’assurdità tutta italiana, dove lo Stato paga per la sua stessa inerzia.

La sinistra, che per anni ha protetto e coccolato questi centri, ora si scaglia contro il ripristino della legalità, loro i “legalitari” per definizione accusano il centrodestra di non aver rispetto per una “storia” che, di fatto, si era già esaurita da tempo.

Interessante la dichiarazione di Marina Boer, l’ex-portavoce del Leoncavallo: “Milano sta diventando una città di merda, non c’è modo di costruire una visione diversa, un’alternativa…”. Poco rispettosa nei confronti di chi ha protetto, all’interno dell’amministrazione comunale e non solo, il Leonka.

Certamente la visione “diversa” non c’era più da anni, visto che il Leoncavallo era diventato per molti solo un luogo dove fumare e ritrovarsi, perdendo ogni spinta realmente alternativa e sociale.

Rivoluzionari d’operetta

Mentre i milanesi delle periferie si sopportavano il caldo estivo, con negozi e servizi chiusi, i “rivoluzionari” del Leoncavallo erano già a godersi le vacanze, lasciando il loro storico presidio sguarnito. Una dimostrazione di quanto sia diventato inconsistente il loro “impegno”, limitato a slogan e manifestazioni d’occasione. La politica, quella vera, si fa tutto l’anno, non solo quando conviene.

Il prossimo capitolo, di questa commedia dell’assurdo, potrebbe vedere la giunta Sala offrire un nuovo spazio a questi rivoluzionari in estinzione. Secondo la sinistra un necessario premio per decenni di occupazione (abusiva) e per una “storia” finita da tempo. Vedremo se Sindaco e giunta alle prese con scandali edilizi e avvisi di garanzia troveranno il tempo per loro.

Se vogliono un loro centro aggregativo, come suggerisce Luca Rampazzo, che se lo paghino, come fanno tutti, a canone di mercato. I beni pubblici non possono essere il premio per chi non ha mai rispettato le regole.

Il centro sociale Leoncavallo è stato sgomberato. La sua storia, fatta di occupazioni, battaglie legali e, più recentemente, di un’identità sempre più sbiadita, sembra arrivata a una fine non con il botto ma sicuramente per assenza di resistenza. Resta da capire se a Milano c’è ancora spazio per i “rivoluzionari” o se, come per il Leoncavallo, la stagione degli ideali d’operetta sia definitivamente finita.