Le opere di Mario Merz in ottobre a Milano
All’HangarBicocca di Milano è in arrivo un altro progetto con protagonista un grande maestro italiano. Riflettori accessi su Mario Merz, nato a Milano ma ben presto trasferitosi a Torino, dove opera la Fondazione che porta il suo nome. Vicino ai movimenti antifascisti durante la seconda guerra mondiale, ha lasciato l’Università per dedicarsi alla pittura.
E’ stato invitato da Germano Celant alle prime collettive dell’Arte Povera a fianco di Michelangelo Pistoletto, Giuseppe Penone, Luciano Fabro e Giulio Paolini. Nascono i grandi Igloo che sovrastano lo spettatore ripetendosi con una molteplicità di materiali che spaziano dalla cera, al vetro, al neon.
Merz segue la sequenza di Fibonacci nelle sue installazioni. Ciascun numero è il risultato della somma dei due precedenti in base ad un criterio di crescita costante. È a partire da questa base che la mostra milanese prende forma dal 25 ottobre 2018 al 24 febbraio 2019.A curarla Vicente Todolí, Direttore Artistico di Pirelli HangarBicocca, in collaborazione con Fondazione Merz.
Mario Merz torna a Milano
All’HangarBicocca si parte dalla personale dedicata all’artista nel 1985 dalla Kunsthaus di Zurigo, curata da Harald Szeemann. La mostra presentava quasi 20 Igloo. A Milano sarà possibile rivivere quell’esperienza. Su quasi 6 mila metri quadrati ci sarà una distesa di trenta costruzioni provenienti da alcune delle istituzioni più importanti del mondo. Arrivano dal Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid, dalla Tate Modern di Londra, dall’Hamburger Bahnhof di Berlino e dal Van Abbemuseum di Eindhoven.
In mostra gli Igloo di Mario Merz
Il percorso espositivo inizia con l’Igloo più maestoso. E’ La Goccia d’Acqua (1987) che ha presentato per la prima volta al CAPC di Bordeaux. Poi in ordine cronologico le prime opere ideate negli anni ’60: Igloo di Giap (1968), Acqua scivola (1969). Poi si arriva alle evoluzioni degli anni ’80 con Igloo del Palacio de las Alhajas (1982) e Chiaro Oscuro (1983). Infine sarà allestito uno degli ultimi esemplari, Senza titolo (1999), progettato negli anni ’90 in occasione di una mostra curata proprio dallo stesso Todolí. L’esposizione, Igloos, sarà anche corredata da un catalogo con interventi di Germano Celant, Lisa Le Feuvre e Pietro Rigolo.