Corpo e mente: perché il benessere oggi passa anche dalle pratiche energetiche
A Milano il benessere è diventato un’esigenza trasversale, che attraversa generazioni, professioni e quartieri. La città, segnata da ritmi intensi e da una cultura dell’efficienza profondamente radicata, sembra oggi interrogarsi su come restituire equilibrio a corpi e menti costantemente sollecitati. Lo stress lavorativo, la sovraesposizione digitale, l’erosione del tempo libero spingono sempre più persone a cercare spazi in cui poter rallentare, ascoltarsi, rigenerarsi. Non si tratta solo di un trend passeggero, ma del sintomo di un cambiamento più ampio: la consapevolezza che il benessere non può più essere inteso come un lusso occasionale, bensì come una pratica quotidiana, distribuita nel tempo e nello spazio.
In questa cornice, Milano si configura come un crocevia di approcci diversi: dalle palestre del centro ai centri olistici in periferia, dagli studi di psicoterapia ai luoghi dedicati alla meditazione o al contatto corporeo. L’idea stessa di salute si espande, includendo forme di cura non necessariamente mediche, ma orientate all’equilibrio, all’ascolto e alla presenza. E proprio in questa tensione – tra la frenesia della metropoli e il desiderio di rallentare – si aprono nuove possibilità di esplorazione individuale, anche attraverso pratiche meno convenzionali ma sempre più richieste.
Una nuova idea di benessere
Negli ultimi decenni, il significato stesso di “stare bene” ha subito una trasformazione profonda. Se in passato il benessere era definito per sottrazione – come semplice assenza di malattia – oggi si declina in modo più complesso, includendo dimensioni emotive, relazionali e ambientali. Anche le istituzioni sanitarie internazionali, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sottolineano da tempo l’importanza di un approccio integrato alla salute, che tenga conto non solo degli aspetti clinici, ma anche del vissuto delle persone, della qualità della loro vita e delle risorse interiori che possono attivare.
Questo cambiamento di paradigma ha aperto la strada a una pluralità di percorsi, spesso intrecciati tra loro: attività fisica, psicoterapia, tecniche di rilassamento, pratiche corporee, alimentazione consapevole. Il benessere non è più confinato a un ambito specialistico, ma attraversa ogni gesto quotidiano e ogni contesto, dalla casa al lavoro, dallo studio ai luoghi pubblici. Si diffonde così una nuova idea di cura, più personalizzata e relazionale, dove la persona non è più oggetto di interventi standardizzati, ma soggetto attivo in un processo di trasformazione e ascolto di sé.
Energie in movimento: pratiche antiche in una città moderna
All’interno di questo scenario in evoluzione, si assiste a una diffusione sempre più capillare di pratiche che si collocano ai margini del paradigma medico tradizionale, ma che rispondono a un bisogno reale e diffuso di riequilibrio. Tecniche come il Reiki, lo Shiatsu, il Qi Gong o la meditazione non vengono più percepite come riserve esotiche o strumenti “alternativi” per pochi appassionati, ma iniziano a circolare in ambienti molto diversi tra loro, frequentati da persone con storie, età e formazioni eterogenee. A Milano, è possibile incontrare queste pratiche sia nei quartieri centrali che nelle periferie, nei centri olistici e nei luoghi culturali, all’interno di palestre, spazi condivisi, studi professionali o scuole di formazione.
Questa trasversalità sociale non riguarda solo chi riceve o partecipa, ma anche chi propone. Accanto a una costellazione di offerte che rischiano di appiattire la complessità culturale di queste pratiche su un linguaggio vagamente spirituale e genericamente “new age”, stanno emergendo sempre più realtà attente a costruire un rapporto serio con le fonti, con la storia e con i contesti d’origine. In particolare, nel caso del Reiki, alcuni centri stanno cercando di restituire profondità alla disciplina, evitando letture essenzialistiche che trasformano il Giappone in un altare immobile e stereotipato, e al contrario valorizzando un dialogo vivo tra tradizione e contemporaneità. Non si tratta di “riprodurre” un’autenticità perduta, ma di tessere percorsi coerenti, informati, capaci di accogliere senza semplificare.
In questo quadro, le pratiche energetiche non sono più viste come fughe dalla realtà o compensazioni mistico-esotiche, ma come esperienze radicate, concrete, capaci di favorire processi di attenzione, cura e presenza. E forse proprio per questo stanno trovando ascolto tra professionisti, educatori, genitori, persone che non cercano risposte preconfezionate ma strumenti per abitare meglio la complessità.
Il Reiki: presenza, ascolto e auto-cura
Tra le pratiche oggi più diffuse nel panorama milanese, il Reiki occupa una posizione particolare. Nato in Giappone agli inizi del Novecento, si fonda su una serie di tecniche semplici e non invasive che mettono al centro il contatto corporeo, la presenza silenziosa e la relazione energetica tra chi pratica e chi riceve. La persona che riceve un trattamento è solitamente sdraiata, vestita, in un ambiente tranquillo; chi pratica appoggia le mani su punti specifici del corpo oppure a poca distanza da esso, in uno stato di ascolto profondo e non direttivo. Ciò che avviene durante la seduta non è sempre facilmente descrivibile: spesso chi riceve riferisce sensazioni di calore, rilassamento, chiarezza mentale o semplice quiete. Ma, più che effetti misurabili, è il contesto che cambia: una sospensione del tempo che permette al corpo di autoriorganizzarsi.
Il Reiki non si presenta come una terapia medica, né come un trattamento miracoloso. La sua forza risiede nella radicale semplicità con cui invita a stare. Nella sua versione più essenziale, è una pratica di presenza. In Giappone, da cui trae origine, non è associato a elementi esoterici o spiritualisti, ma piuttosto a una visione integrata della cura: il corpo come spazio relazionale, l’energia come espressione della vita che scorre. Proprio per questo, diverse scuole a Milano stanno riscoprendo le radici culturali del Reiki, prendendo le distanze da molte delle sovrastrutture con cui è stato veicolato in Occidente durante il boom della spiritualità alternativa tra gli anni Ottanta e Duemila. Il ritorno alle fonti – ai testi, ai gesti, alla lingua giapponese – non è nostalgia né rigore filologico, ma tentativo di ricostruire un orizzonte praticabile, etico e rispettoso.
Un aspetto poco noto, ma centrale nella visione originaria del Reiki, è la sua dimensione di auto-cura. Imparare la pratica non significa solo trattare gli altri, ma soprattutto imparare a prendersi cura di sé. Il trattamento su di sé – quotidiano, silenzioso, intenzionale – rappresenta per molte persone un gesto di stabilizzazione e centratura, un modo per attraversare la complessità della vita urbana con maggiore equilibrio. È in questa semplicità che il Reiki continua a trovare senso, anche in una città come Milano.
Formarsi a Milano: consapevolezza, non certificazioni veloci
A Milano, accanto ai trattamenti individuali, cresce anche l’interesse per la formazione, intesa non come acquisizione di “poteri” o certificazioni rapide, ma come percorso esperienziale di apprendimento e trasformazione. Sempre più persone scelgono di frequentare corsi per poter integrare il Reiki nella propria quotidianità, talvolta in ambito personale, talvolta come parte di un percorso professionale. L’offerta è ampia, ma non sempre omogenea: se da un lato esistono proposte superficiali che svuotano il Reiki di ogni spessore culturale, dall’altro vi sono realtà impegnate a restituire profondità e rigore alla pratica.
Tra queste, il Centro My Reiki, fondato e diretto da Federico Scotti, rappresenta un esempio di insegnamento radicato in un confronto critico e continuo con la tradizione giapponese del Reiki. Con un percorso accademico che unisce una laurea in Filosofia e una in Antropologia della salute, e una specializzazione etnografica sulle pratiche di cura giapponesi, Scotti propone corsi che non si limitano alla trasmissione tecnica, ma invitano a interrogare il senso del prendersi cura nel nostro tempo. L’approccio formativo del centro, che ha sede a Milano, si caratterizza per una costante riflessione sui contesti culturali e simbolici della pratica, ponendo attenzione tanto alla dimensione etica quanto a quella relazionale.
Nel cuore di una città veloce e iperstimolata come Milano, riscoprire il corpo come luogo di presenza e di ascolto non è solo un gesto individuale, ma una scelta culturale. Pratiche come il Reiki non offrono risposte assolute, ma aprono spazi. Spazi in cui l’attenzione si decentra, il tempo si distende, e la cura torna ad assumere una forma relazionale, non delegata né standardizzata. In un’epoca in cui la salute rischia di essere ridotta a prestazione o consumo, ritrovare una ritualità lenta e concreta può rappresentare una forma di resistenza gentile. Non si tratta di uscire dal mondo, ma di abitarlo diversamente: con il corpo, con il respiro, con la responsabilità sottile di chi sceglie di prendersi cura.