Cultura e Società

Teresa Maresca, Song of myself all’acquario

All’Acquario civico è in mostra Teresa Maresca, Song of myself. Promossa e prodotta dal Comune di Milano|Cultura e dall’Acquario|Civica stazione idrobiologica di Milano. La curatela è di Raffaella Resch.

L’esposizione è aperta sino al prossimo 5 maggio ed è inserita nel programma di “Milano Art week”. Questi è il palinsesto di palazzo Marino dedicato all’arte moderna. Teresa Maresca pone al centro della sua indagine il rapporto tra uomo e natura, ispirandosi a due lavori di Whitman: il poemetto undicesimo di “Song of myself”, in cui ventotto uomini si bagnano di notte nel fiume. E il “Canto della sequoia”, l’albero che nel testo di Whitman prende la parola in prima persona, come simbolo della sterminata e incontaminata natura americana.

Teresa Maresca, Song of myself: il percorso espositivo

Comprende circa trenta opere di Teresa Maresca. Queste sono afferenti a due grandi cicli pittorici sul tema dell’acqua: “Song of myself” (“Men at bath” – 2017) e “Swimming pools” (2009). Il ciclo “Song of myself” è esposto al di sotto del luminoso lucernario che fa da copertura al Giardino d’inverno dell’Acquario. Esso è formato da una serie di 18 grandi dipinti ad olio e acrilico su tela dedicata al tema degli “uomini bagnanti”, inserita nel solco del pensiero naturalista americano già nella seconda metà dell’Ottocento.

Al piano terra dell’Acquario, in dialogo con la sala delle vasche, si trova invece una selezione di opere tratte dal ciclo “Swimming pools”. Le piscine americane di Maresca diventano specchi d’acqua dai colori fluo, contornati da bordi di cemento e palmizi, su cui solo raramente si riflettono figure umane a testimonianza della perenne ricerca dell’artista di un rapporto tra uomo e ambiente.

Due schermi allestiti nella sala delle vasche, sempre al piano terreno, riproducono i due video curati dall’artista per le edizioni Pupillaquadra, rispettivamente “Swimming pools” e “Song of myself”. La mostra è accompagnata dal catalogo “Song of myself”, curato da Raffaella Resch, con un testo critico di Paolo Biscottini.