Medicina, Salute e Benessere

Compliance del paziente emicranico nella terapia preventiva

È noto che meno del 15% dei pazienti con emicrania assume una terapia preventiva per emicrania a fronte di un 40% di pazienti che potrebbero trarre beneficio dalla prevenzione antiemicranica. La compliance nell’assumere e nel continuare la terapia preventiva può essere influenzata dalla efficacia, dalla sicurezza, dalla tollerabilità del trattamento, dalla farmacologia e dall’effetto nocebo (effetti collaterali dovuti ad una terapia non altrimenti efficace).

I dati derivati da più di 30 studi controllati dimostrano una scarsa compliance nell’assumere e mantenere nel tempo dei farmaci preventivi antiemicranici. Questi dati sono responsabili della differente evoluzione della risposta al trattamento. I pazienti con emicrania cronica hanno una aderenza e continuità nel trattamento piuttosto bassa e che tende a diminuire nel tempo: circa il 26% assumono correttamente la terapia dopo 6 mesi dalla prescrizione mentre questa percentuale scende al 17% dopo un anno. La continuità terapeutica peggiora quando il paziente passa da un farmaco preventivo all’altro. Se ha cambiato almeno 3 trattamenti preventivi, continua a mantenere una prevenzione a 6 mesi nel 26% dei casi e a 1 anno solo nel 10% dei casi.

L’importanza della terapia preventiva

D’altra parte, la terapia preventiva è strettamente necessaria nell’emicrania in quanto ne riduce l’impatto e la disabilità. L’obiettivo della terapia preventiva nell’emicrania è quello di ridurre la frequenza, l’intensità e la durata degli attacchi, ed inoltre di ripristinare l’efficienza del soggetto e prevenire la cronicizzazione. I parametri che misurano l’efficacia del trattamento sono il cambiamento del numero di giorni di cefalea o emicrania/mese rispetto alla condizione di partenza che deve essere per lo meno del 50%. Vi sono almeno 4 fattori che incidono sulla decisione del paziente di assumere o meno il trattamento preventivo:

  1. considerazioni rischio-beneficio ovvero le aspettative che il paziente nutre sul farmaco, la paura degli effetti collaterali o la dipendenza, e la facilità di somministrazione;
  2. la disabilità da emicrania percepita dal paziente rappresentata dalla frequenza e disabilità degli attacchi, dalla capacità di far fronte agli attacchi e dalla efficacia del trattamento d’attacco;
  3. il grado di autonomia evidenziato dalla capacità di prendersi cura di se stessi e degli altri, la disponibilità di informazioni adeguate e la paura di cronicizzare;
  4. antecedenti di altro tipo come aspetti comportamentali/affettivi e alimentari o cure non farmacologiche antecedenti. (fonte: 13th European Headache Federation Congress Athens 30 maggio – 1 giugno 2019)

Articolo a cura di Fabio Antonaci precedente President of the European Headache Federation (EHF).