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Milano strade aperte: un modello globale

Milano Strade aperte, un modello globale. Janette Sadik-Khan, ex commissario per i trasporti di New York, parlando con il Guardian ha indicato il capoluogo lombardo come una delle città a cui guardare come modello per affrontare il problema mobilità nel post emergenza covid-19. “Il piano di Milano è importante perché stabilisce un modello attuabile”.

In Milano strade aperte le arterie non sono più pensate solo per le auto, ma per le persone, che potranno muoversi con più sicurezza. L’obiettivo di contenere l’uso dell’auto nel post emergenza è diffusa. A Brighton il lungomare è stato riaperto soltanto a pedoni e ciclisti dalle ore 8 alle 20. A Barnes, London, hanno ridotto la sede stradale per fare spazio alla pedonalità e assicurare in una delle vie più frequentate per lo shopping la distanza sociale. A Dublin, spazi di carico e scarico al porto e parcheggi saranno sottratti alle auto con lo stesso obiettivo.

Milano è una delle città più inquinate d’Europa

Nella fase attuale dell’emergenza, il blocco delle attività ha ridotto la congestione del traffico, diminuita dal 30 al 75%. In assenza di traffico anche il livello di emissioni è nettamente migliorato. La fase 2 però potrebbe riportare la situazione al pre-emergenza fino a peggiorarla. Il rischio è che in una città in cui il 55% dei cittadini fa ricorso ai mezzi pubblici per recarsi al lavoro, ci sia un forte ritorno all’impiego dell’auto privata, identificata come un luogo privato e dunque più sicuro. Il piano Strade aperte cerca di rispondere a quella che si annuncia come una vera emergenza traffico.

Il piano Strade Aperte di Milano prevede un forte incremento di piste ciclabili e zone pedonalizzate e una riduzione dell’uso dell’auto privata nella “fase 2″ per evitare gli inevitabili problemi di traffico ed emissioni. La Città ha annunciato la trasformazione di 35 km di sede stradale in piste ciclabili e spazi dedicati alla pedonalità. Il piano Strade aperte comprende, infatti, la realizzazione, anche temporanea, di piste ciclabili realizzabili in poco tempo e a basso costo, insieme all’ampliamento o alla nuova realizzazione di marciapiedi, l’ampio ricorso a Zone 30 per limitare la velocità delle auto e in genere la creazione di aree dedicate a pedoni, ai ciclisti e alla micromobilità. Secondo le anticipazioni i cantieri del progetto Strade aperte potrebbero aprire già prima dell’estate, ad iniziare da un tratto di 8 km di corso Buenos Aires con la creazione di nuova pista ciclabile e un ampliamento dei marciapiedi.

“Dovremmo accettare che per mesi o forse un anno ci sarà una nuova normalità e dobbiamo creare le condizioni per vivere questa nuova normalità per tutti”, ha dichiarato Pierfrancesco Maran, assessore all’Urbanistica, al verde e all’agricoltura. “Prima dell’emergenza stavamo lavorando alla Milano del 2030, ora l’obiettivo è il 2020, perché più che al futuro, dobbiamo pensare al presente”.

I possibili scenari sono due. Il primo è quello in cui superata l’emergenza l’auto tornerà ad essere il sistema di trasporto più sicuro. Il ritorno all’uso dell’auto privata, almeno nelle grandi città, potrebbe rallentare forme di condivisione come il car sharing.

In uno scenario in cui l’uso del trasporto pubblico locale sarà ridotto, sia a causa del mantenimento delle restrizioni, sia a causa della sfiducia della popolazione, come si appresta a fare Milano servirà in tutte le grandi città un piano per lo sviluppo e il sostegno della mobilità attiva (pedonalità e ciclabilità) e della micromobilità, con la creazione di corsie dedicate sulle principali direttrici urbane di accesso. Anche un ripensamento dell’intermodalità, insieme a un incremento del mercato dell’ebike e dei servizi di bike sharing potrebbero aiutare a sfruttare il post emergenza per valorizzare una nuova mobilità alternativa, proprio come richiesto al governo nei giorni scorsi dalla Fiab, la Federazione italiana ambiente e bicicletta, di concerto con molte altre associazioni ambientaliste.