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Urban fishing: il successo della nuova disciplina anglosassone

Trascorrere una rilassante serata a pescare nel fiume o nel torrente sotto la propria abitazione. Si può con l’urban fishing, la disciplina anglosassone che si sta imponendo in Italia grazie alla manutenzione idraulica svolta dai Consorzi di bonifica anche all’interno dei centri abitati.

La pratica inventata dal restauratore fluviale britannico Theo Pike, autore del libro “Trout in dirty places” (nel tomo indica 50 luoghi nel Regno Unito dove è possibile pescare le trote a pochi passi da un centro urbano) conquista sempre più “streeters”, in gran parte giovani. Tutti a cimentarsi nella pesca ultralight di pesci di media pezzatura, a sessioni più impegnative di grossi predatori ittici. L’obiettivo è dimostrare che i fiumi urbani non sono solo scarichi di liquami, ma luoghi da vivere.

Adria nel Polesine è la “capitale” dell’urban fishing italiano. Il torrente Mugnone, che scorre a Firenze, è l’emblema della metamorfosi operata dal Consorzio di bonifica 3 Medio Valdarno. Le sistemazioni idrauliche hanno permesso di rallentare il flusso d’acqua sotto i ponti, creando zone ombreggiate ideali per il rifugio e la riproduzione di pesci e anfibi, migliorando l’intero ecosistema. “C’è ancora molto da fare, ma l’esperienza fiorentina dimostra che ci si può riuscire” commenta il presidente dell’Anbi (associazione dei consorzi di bacino), Francesco Vincenzi. “E’ indispensabile la collaborazione di tutti i soggetti che insistono sul corso d’acqua, ad iniziare dal contrasto agli scarichi abusivi”.