KPI tecnici e soggettivi: Giovanni Pio Gravina fa chiarezza
Nell’ambito del marketing digitale, i KPI, Key Performance Indicators (o per dirla all’italiana Indicatori Chiave di Prestazione) rappresentano un elemento centrale di cui è fondamentale tenere debito conto. Si tratta di metriche utilizzate per misurare l’efficacia di una strategia, di una campagna specifica, un’azione o un progetto. Un’interpretazione corretta di questi indicatori è molto utile per capire se la “digital strategy” che si è messa in atto sta dando i suoi frutti oppure no.
Essenzialmente si possono distinguere due categorie principali di KPI: tecnici e soggettivi. I primi sono indicatori quantitativi, mentre i secondi sono indicatori qualitativi. La materia è abbastanza complessa e, allo scopo di fare chiarezza, abbiamo chiesto a Giovanni Pio Gravina, noto consulente MarTech, di fornirci alcune delucidazioni in merito spiegando quali sono le differenze fra le due tipologie di KPI e perché un loro equilibrio è fondamentale affinché la strategia di marketing risulti efficace.
KPI tecnici: misurazioni quantificabili
I KPI tecnici sono indici di performance che si basano su dati quantificabili. Questi includono metriche come click-through rate (CTR), tasso di conversione (CR, Conversion Rate) tempo medio trascorso su una pagina (Time on Page), tasso di rimbalzo (BR, Bounce Rate) e ritorno sull’investimento pubblicitario (ROI, Return on Investment), Video Play Rate ecc.
L’obiettivo principale di questi KPI è di fornire dati concreti, quantificabili, misurabili che possono essere analizzati e interpretati con precisione.
Per esempio, se una campagna pubblicitaria online ha un alto CTR, ma un basso tasso di conversione, può significare che l’annuncio è efficace nel catturare l’attenzione, ma non ha la stessa efficacia nel “convertire” gli utenti in clienti. In questo caso, un’analisi più approfondita potrebbe rivelare che la landing page non è ottimizzata o che l’offerta non è abbastanza allettante.
KPI soggettivi: l’aspetto qualitativo
Anche i KPI soggettivi sono indicatori di notevole importanza, ma la loro misurazione risulta più complessa, più difficile da misurare oggettivamente. Esempi di KPI soggettivi sono, per esempio, metriche come soddisfazione del cliente, brand awareness, o la qualità di un prodotto o servizio. Spesso, questi KPI sono raccolti attraverso questionari, interviste, o altri metodi di feedback diretto.
Per esempio, un’azienda potrebbe scoprire che, per quanto realizzi numeri interessanti in termini di vendite e visitatori del sito web, la soddisfazione del cliente è bassa o comunque inferiore alle aspettative. Ciò può indicare che sebbene la strategia di marketing risulti efficace nel breve termine, potrebbe non esserlo nel lungo termine.
L’equilibrio è la chiave
Giovanni Pio Gravina spiega che, da quanto esposto in precedenza, si evince che il vero valore dei KPI emerge quando si riesce a trovare un equilibrio tra gli aspetti tecnici e soggettivi. Mentre i KPI tecnici forniscono dati duri e puri molti importanti per perfezionare le strategie, i KPI soggettivi offrono una visione più ampia del posizionamento del brand e della sua percezione da parte dei consumatori.
Per esempio, un’elevata brand awareness (un KPI soggettivo) potrebbe spiegare un alto tasso di conversione (un KPI tecnico). Allo stesso modo, una bassa soddisfazione del cliente potrebbe essere la causa nascosta dietro un calo nelle vendite o nella fedeltà del cliente.
In sostanza, sia i KPI tecnici che quelli soggettivi hanno un ruolo cruciale nella creazione e nell’ottimizzazione di una strategia di marketing. Tuttavia, è il loro equilibrio che permette di costruire un quadro completo, offrendo la possibilità di apportare modifiche informate e mirate per ottenere il massimo successo.