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Gite fuori porta: Turbigo, il fascino della Valle del Ticino

Turbigo si trova alle porte di Milano lungo il Naviglio Grande e fa parte dei comuni consorziati del Parco Lombardo della Valle del Ticino. Il borgo di Turbigo ha origini antiche che risalgono almeno al I secolo a.C., periodo al quale si rifanno le necropoli ritrovate sul territorio comunale che hanno evidenziato la presenza di cocci e materiale fittile proveniente dalle aree dell’Etruria, giunto sino al paese grazie ad un florido commercio a vasto raggio. All’epoca romana risalirebbe anche l’antica torre di avvistamento che fu alla base della costruzione del successivo castello medievale ancora oggi presente, appena sopra il torrente Arno, attorno al quale si sviluppò il primo nucleo abitativo del paese. Il commercio fluviale di epoca romana è testimoniato anche dal ritrovamento di una piarda in località Mulino Vecchio.

L’escavazione del Naviglio avviata dai milanesi nel 1179, è importante per la nascita di quella parte della città denominata Turbigh in giò, con la nascita di rogge, ponti e nuove strade. Il basso Medioevo è caratterizzato dall’insediarsi nel territorio turbighese della famiglia Piatti che tenderà a porsi come guida materiale e spirituale del borgo. Già feudo dei d’Adda, nel 1569 passò a Ludovico Gallarati e poi nel 1590 a Federico II Landi la cui famiglia, confluita poi nei Doria Landi, lo tenne tra i propri possedimenti sino alla fine del Settecento, anche dopo la vendita dei feudi dello Stato Landi ai Farnese e pur non risiedendovi più stabilmente.

La vita di Turbigo nei due secoli successivi è segnata dalla presenza delle famiglie Tatti e De Cristoforis, di cui rimangono i rispettivi palazzi, oggi di proprietà comunale. Definito nei secoli come un vero paradiso terrestre, per l’eccezionalità del paesaggio e la ricchezza faunistica dei suoi boschi, il borgo di Turbigo vide sorgere numerose dimore gentilizie.

In età napoleonica il comune conobbe una notevole espansione, annettendo prima Robecchetto e poi Nosate. Il 31 maggio 1800, nell’ambito della seconda campagna napoleonica d’Italia, il paese venne conquistato alla baionetta dai soldati francesi guidati dal generale Guillaume Philibert Duhesme durante il famoso Combattimento di Turbigo. Il generale Duhesme prese posizione sul Ticino con i suoi uomini appartenenti al 72º reggimento di Fanteria di linea che già a Marengo era stato comandato dal Bonaparte in persona. Gli austriaci, ritirarsi di fronte all’avanzata dei francesi, avevano dato ordine di distruggere tutte le barche disponibili, ma alcuni cittadini di Galliate al di la del fiume ne avevano nascoste alcune e le offrirono ai francesi per oltrepassare il confine. All’alba del 31 maggio alcune compagnie di granatieri le usarono per traversare il fiume e occuparvi un’isola fluviale, dalla quale fecero sgombrare gli austriaci e poi, nel giro di sole sei ore, riuscirono a far sbarcare sull’altra sponda 1500 soldati e due pezzi d’artiglieria.

Giunti sulla sponda opposta i francesi vennero comandati dal generale Jean-Charles Monnier, il quale riuscì a sorprendere l’armata imperiale che venne costretta a ripiegare verso il centro di Turbigo dove verso sera giunsero alcuni generali austriaci per fare il punto della situazione. Gli austriaci reagirono con una carica di cavalleria che però non riuscì a scalfire le posizioni dei francesi. Napoleone, che attendeva sulla sponda piemontese del fiume, osservando le operazioni di attacco, diede ordine a Gioacchino Murat di supportare l’azione di Monnier con tiri d’artiglieria. Verso le otto di sera, infine, Monnier riuscì a penetrare nell’abitato turbighese, facendo anche 200 prigionieri tra i soldati austriaci. Murat passò il Ticino a Turbigo e da li proseguì quindi verso Milano dove giunse il 2 giugno successivo. Il 3 giugno 1859, agli albori della seconda guerra d’indipendenza italiana, il paese fu teatro dello scontro tra franco-piemontesi e austriaci nella famosa Battaglia di Turbigo che si concluse il giorno seguente a Magenta.

Le prime notizie in merito all’esistenza del castello di Turbigo risalgono al IX secolo. Conquistato dalla famiglia Torriani come difesa del ducato di Milano dall’area del Ticino e parzialmente demolito nel Duecento, venne poi nuovamente ricostruito e nel 1569 passò alla famiglia Gallarati, con la giurisdizione di tutto il territorio; nel 1591 i Gallarati vennero sostituiti dalla casata piacentina dei Landi che ne rimase proprietaria sino alla fine del XVIII secolo.

Il complesso si struttura attorno a un’ampia corte quadrata con ala porticata sullo sfondo, che presenta un cornicione a sguscio con oculi, dovuto ad interventi cinque-secenteschi atti a trasformare il castello in residenza signorile. Attualmente si presenta in forme trecentesche grazie all’intervento di restauro attuato nel 1922 dall’architetto Carlo Bonomi di Turbigo. Il maniero, un tempo presidio strategico dei Visconti, è attualmente una residenza privata e non è visitabile. Per accedervi si può salire la ripida via della Chiesa, oppure la scenografica scalinata che da via Vittorio Veneto porta direttamente al terrazzamento. Da qui si gode un bel panorama su tutto il paese e il suo circondario. Notevole è il parco circostante. Oggi è l’unica area verde al centro del paese e ospita una notevole fauna di animali selvatici (fagiani, rapaci di varie specie, ghiri, lepri, picchi rossi e verdi e molti altri).

Sul medesimo piazzale del Castello, si erge l’imponente chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta, edificio in stile neo-romanico edificato nel 1936 per volontà del parroco don Edoardo Riboni dall’ingegnere Giovanni Battista Maggi, che si avvalse della consulenza artistica di Carlo Bonomi (1880-1961), al quale spettano anche l’allestimento di piazza San Francesco, risalente al 1936, e il Monumento ai Caduti del 1945-1946.

Uno dei monumenti più significativi di Turbigo è la chiesa conventuale agostiniana dei santi Cosma e Damiano; eretta probabilmente su una già preesistente chiesa, sempre dedicata a San Damiano, a partire dal 1669, data della possa della prima pietra, venne inaugurato il nuovo complesso.

Ispirata nel progetto architettonico alla Chiesa del Gesù di Roma, com’è possibile ravvisare anche dalle due volute di raccordo angolare, presenta un generale schematismo nella facciata, a causa di difficoltà economiche incorse durante le fasi costruttive. La chiesa e l’annesso convento furono officiati da una comunità di Agostiniani Scalzi, fino al 1807 quando quest’ultimo venne soppresso dal regime napoleonico. Delle quattro cappelle originarie – oltre all’altare maggiore – una sola è giunta fino a noi: si tratta della cappella del Crocifisso, già dedicata a Santa Rosalia, restaurata nel 1991. La cappella della Madonna della Rosa è stata, invece, ricostruita nel 1879, per volere del parroco di Turbigo don Pietro Bossi. Dietro il settecentesco altare maggiore è posta la botola di accesso alla cripta dei frati, da cui partivano una serie di passaggi ai sotterranei della chiesa, murati nel 1962. Davanti alle cappelle laterali si trovavano le botole che conducevano a camere ipogee, destinare ad alcune sepolture particolari.

Palazzo De Cristoforis Gray, ubicato nei pressi della riva sinistra del Naviglio Grande, è composto dall’integrazione di una villa settecentesca con un edificio cinquecentesco. I due edifici prospettano sulla medesima corte. L’edificio settecentesco presenta un portico centrale su archi a sesto ribassato e ha all’interno decorazioni con finte architetture. La parte più antica conserva un bel camino in pietra, decorato in altorilievo e con la cappa affrescata. Nella corte più antica lungo via Roma troviamo un affresco datato 1595. L’edificio, di proprietà comunale, è attualmente sede municipale.

Villa Barozza Vezzani, adiacente alla chiesa dei Santi Cosma e Damiano, conserva l’impianto originario di un convento seicentesco degli Agostiniani Scalzi, con volte a botte e a crociera. Un portale lungo via Volta, sormontato da una conchiglia in marmo, apre su un pregevole chiostro settecentesco.

Villa Tatti sorge nel centro storico del paese. Di probabile origine religiosa, la villa fu adattata a residenza civile solo nel XVII secolo. L’impianto della villa ad “U”, risale al secolo scorso, quando furono aggiunte le ali laterali, di cui una terrazzata. L’ingresso della villa è contrassegnato da un portale seicentesco con fastigio ad edicola. All’interno, collocato nella parte ovest del complesso, si trova un camino cinquecentesco. Nel 1932, l’amministrazione fascista di Turbigo, la adottò come sede del Fascio locale. Negli anni ha ospitato tra gli altri: due sezioni della locale scuola media inferiore, la banda musicale “la Cittadina”, l’Unione Sportiva Turbighese, uffici di altre associazioni cittadine, fino a che, restaurata completamente, oggi ospita l’asilo nido.

Uscendo dal centro del paese, a poca distanza da Palazzo de Cristoforis, si trova il seicentesco ponte sul Naviglio Grande; esso si presenta a tre arcate in mattoni a vista. È affiancato dai resti della vecchia dogana austriaca risalenti alla fine del Settecento.

Il Naviglio Grande e l’alzaia. Realizzato nel 1887, anno di costruzione della ferrovia Saronno-Novara, su progetto di Luigi e Paolo Tatti a monte dei resti dell’antico ponte romano, tuttora visibili; bombardato durante la seconda guerra mondiale e poi ricostruito, collega la sponda lombarda a quella piemontese.