Come portare soldi all’estero: rischi e opportunità delle principali soluzioni finanziarie
Come trasferire capitali all’estero rispettando la legge
Il crollo della produzione industriale, lo spread che viaggia intorno ai 260 punti, la pressione fiscale alle stelle. Lo scenario italiano è tutt’altro che rassicurante e spostare soldi all’estero è un’idea che alletta molti risparmiatori. Ma come fare e, soprattutto, conviene?
Il concetto di fondo è chiaro, almeno sulla carta: portare capitali fuori dai confini nazionali è consentito dalla legge italiana, ma sotto il profilo fiscale la convenienza è nulla. Con lo scambio automatico delle informazioni, il Fisco individua immediatamente i tesoretti all’estero. Le somme depositate oltreconfine vanno quindi denunciate nella dichiarazione dei redditi e paga le stesse imposte che pagherebbe in Italia.
Quando il contribuente investe il denaro detenuto all’estero e percepisce interessi, deve pagare le tasse sul capital gain. E poiché gli intermediari stranieri raramente fanno da sostituto d’imposta, il calcolo dei tributi spetta al risparmiatore (che solitamente si fa aiutare da un professionista).
Chi teme il rischio Italia può comunque tutelarsi aprendo un conto corrente all’estero. È necessario però valutare attentamente i costi applicati: gli istituti bancari di Paesi ritenuti sicuri (soprattutto le banche elvetiche) sono mediamente molto più cari di quelli italiani.
Altro svantaggio riguarda gli strumenti di investimento, spesso l’offerta degli istituti stranieri non è comparabile alla gamma di prodotti offerta da diversi intermediari italiani. A tutto ciò si aggiungono costi per la movimentazione di titoli, ETF e fondi che possono risultare proibitivi. Da considerare anche le oscillazioni della valuta che, depositando in un Paese fuori dalla zona euro, possono aumentare o ridurre il valore del capitale nel caso di conti valutari.
Un rimedio estremo è utilizzare la banca estera come una sorta di cassaforte, sacrificando la compravendita di titoli. Una scelta valida se l’obiettivo è ripararsi da un eventuale default dell’Italia, ma che in caso di rialzo dei mercati comporterebbe la rinuncia a interessanti opportunità di guadagno.
Le polizze di diritto estero per risparmiatori facoltosi
Un’alternativa dal punto di vista operativo è costituita dalle polizze di diritto estero, le cosiddette unit linked o soluzioni di private insurance. Prodotti riservati a una clientela affluent che può investire centinaia di migliaia di euro. Proposte da molte reti di vendita e banche italiane, queste polizze presentano due importanti vantaggi in termini fiscali: sono esenti dalle imposte di successione e prevedono la tassazione differita dei guadagni in conto capitale.
Anche in questo caso il tasto dolente sono spesso i costi, l’investitore paga commissioni che vanno a remunerare la compagnia assicurativa, la società di gestione e la rete che colloca le polizze.
Analisi del mercato degli investimenti grazie alla consulenza finanziaria indipendente
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